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venerdì

La società della stanchezza

  
27 settembre 2012 • pubblicato da minimaetmoralia 

(Questo pezzo è liberamente ispirato dalla lettura de “La società della stanchezza” di Byung-Chul Han, Nottetempo ed. 2012).

di Cristò

Lo sapete già di chi è la colpa: è colpa vostra.
Se non riciclate, se telefonate al parente infermiere per anticipare di un paio di mesi la data della visita medica, se lasciate l’acqua della doccia aperta mentre vi insaponate i capelli, se tenete troppo tempo acceso il condizionatore, se non pagate il biglietto dell’autobus, se comprate il caricatore del cellulare dai cinesi, se non chiedete lo scontrino al bar, se parcheggiate in doppia fila. È colpa vostra in ogni caso. Se l’azienda in cui lavorate è in perdita, se comprate troppo a rate, se non comprate abbastanza, se avete tre cellulari, se non arrivate a fine mese, se siete depressi. Non potete dare la colpa al governo, è colpa vostra. Del resto ce lo dicono fin da piccoli che tutto è possibile: basta impegnarsi. Volere è potere, quante volte ve l’hanno detto?
È colpa vostra e basta.
Per questo siete depressi, per questo le vostre gambe continuano a muoversi senza sosta, nervosamente, di giorno e di notte. Perché fumate troppo (magari non solo sigarette) e bevete troppo caffé, troppa birra, troppo liquore, troppa grappa, troppa Red Bull, troppa Coca Cola. Per questo vi svegliate stanchi: perché mangiate disordinatamente e in fretta nell’ora di pausa pranzo mentre il cellulare continua a squillare e voi continuate a rispondere e a lavorare masticando un panino. Per questo vi vengono i crampi allo stomaco e la gastrite, è colpa vostra, non vi date tregua e non date tregua agli altri. Ogni insuccesso è un vostro insuccesso, ogni successo è un successo di squadra. Come l’attaccante che ha fatto quattro gol, alla fine della partita dichiarate che tutti i ragazzi hanno giocato bene, che a calcio si gioca in undici.
Avete giornate dense, vero? Agende piene di impegni, incontri, riunioni. Dovete portare risultati. Dipende solo da voi, dalla vostra capacità di organizzare il lavoro. Il lavoro non ve lo portate a casa: ve lo portate a letto, sulla tazza del cesso, a pranzo, a cena, in auto, in piscina, in montagna, in testa, costantemente. Nelle valigie avete tre caricatori per i cellulari (e fortuna che quello dell’iphone va bene anche per l’ipad). Avete mal di testa e date la colpa all’aria condizionata dell’ufficio, del bar, della mensa, dell’automobile e invece è colpa vostra. Prendete un moment e andate avanti. È così, vero? E quando avete mal di gola, giù di analgesici, antibiotici, caramelle miele e propoli. Rispondete al telefono senza voce scusandovi con il vostro interlocutore. E se la febbre diventa troppo alta rimanete a casa, a letto, ma col portatile sulle gambe e controllate sulla webmail che tutto vada bene in vostra assenza. Avete un ruolo importante e vi aspettate che prima o poi avrete anche lo stipendio adatto a quel ruolo: non si può far pressione sull’azienda in tempo di crisi, dovete ringraziare di averlo un lavoro, un ruolo. Non ci mettono niente a trovarne un altro che faccia le stesse cose allo stesso stipendio, tutti sono necessari e nessuno è indispensabile. Se l’antibiotico vi fa addormentare, vi svegliate di soprassalto e controllate il cellulare poggiato sul comodino. Il direttore potrebbe aver chiamato per un’urgenza. Lui non si dà tregua, non dà tregua a voi, voi non date tregua agli altri, gli altri non danno tregua a lui.
È tutta colpa vostra, sua, degli altri.
Uscite di casa la mattina e tornate la sera. La casa che vi potete permettere costa ogni mese la metà del vostro sotto-stipendio e ha l’impianto elettrico fuori norma, gli infissi vecchi che lasciano entrare il freddo d’inverno, il caldo d’estate e il rumore del traffico sempre, le pareti che si sbriciolano intorno al chiodo se tentate di appendere un quadro. I mobili Ikea che vi potete permettere si rompono velocemente, cedono, non sono affidabili. E poi la vostra compagna è stressata quanto voi e, quanto voi, consapevole che è colpa sua. La casa è disordinata, i panni accatastati da lavare, la cucina sporca. Lei vi guarda e vi dice che nel fine settimana bisognerà fare pulizia. È solo colpa vostra se la casa è in questo stato. Un accampamento di zingari – dice lei.
Intanto mettete l’acqua sul fuoco. Per la cena c’è solo pasta col pesto. Nel fine settimana bisognerà fare un po’ di spesa – dite voi prima che lo dica lei. Bisognerà anche andare a pranzo dai miei e a cena dai tuoi – aggiunge lei. Poi squilla il cellulare e lei risponde mentre voi mettete il sale grosso nell’acqua bollente e va a parlare nella camera da letto. È una chiamata di lavoro. Il lavoro prima di tutto.
Voi leggete il tempo di cottura della pasta e undici minuti vi sembrano troppi per delle semplici linguine, perché voi in dieci minuti siete capaci di rispondere a tre telefonate, scrivere quattro e-mail e fumare due sigarette. Ma la pasta si prende tutto il tempo che gli serve, non è colpa sua se voi non ve lo prendete: è colpa vostra.
Mentre cenate accendete la televisione, al telegiornale dicono che è tutta colpa vostra.
Andate a letto consapevoli delle vostre colpe alle undici e trenta e impostate la sveglia del cellulare alle sei e trenta.
Anche domani sarà tutta colpa vostra.
Sogni d’oro.



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